Situata nel quartiere di Sant’Agostino si caratterizza per un apparato decorativo dallo spiccato gusto barocco.
Secondo quanto riporta lo storico locale Antonio Gucci si deve a donna Francesca Falagrini la fondazione, intorno al 1380 della piccola chiesa in devozione a San Bartolomeo. Sorta nelle vicinanze del Convento di Sant’Agostino (poi seminario vescovile), alla morte della Falagrini, furono gli agostiniani ad avere in cura il sacro tempio, fino alla richiesta avanzata dalla Confraternita di Santa Lucia di poterne avere concessione. Accordata l’autorizzazione, la confraternita prese il titolo di San Bartolomeo e proseguì i lavori di ristrutturazione iniziati già dagli agostiniani, promuovendo il rinnovamento dell’edificio fino alle forme attuali.
Nel 1629 la chiesa fu ampliata negli spazi corrispondenti all’odierna navata impiegando gli ambienti dell’antica chiesa a Coro. Per il prezioso soffitto a cassettoni lignei si incaricò Benedetto Ginestra di Fossombrone, che decise di integrare la preesistente copertura anch’essa a lacunari realizzata nel 1588 e visibile negli spazi del coro e della sagrestia. Allo stesso artefice va ricondotto l’altare principale in legno dalla caratteristica cromia blu con preziose dorature. Al centro è l’immagine della Madonna del Consiglio, mentre ai lati descritte entro nicchie a conchiglia le statue di San Giovanni Evangelista e di San Bartolomeo. Un simile ornato in legno prosegue nelle due pareti laterali in cui si dispongono le nicchie con gli apostoli che si alternano alle quattro grandi tele con Storie di San Bartolomeo.
Queste vennero donate da Maria Antonia Gucci che in riconoscenza per una grazia ricevuta ne fa commissione al vicentino Pasqualino Rossi. Gli episodi scelti sono nell’ordine (in senso antiorario): San Bartolomeo risana la figlia di Polimnio, San Bartolomeo converte Polimnio, il Battesimo di Polimnio, e il Martirio di San Bartolomeo. Le statue degli apostoli, in numero di dieci, sono da riferirsi a più mani tra cui figurano il francese Giovanni Anguilla ed il tedesco Francesco Enghiarez. Tra gli apostoli rappresentati mancano all’appello i Santi Simone e Taddeo descritti pittoricamente in due piccoli quadri così da completare idealmente il programma iconografico.
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